15 marzo 2017

Aiuto, mi si è allagata l’azienda

L’azienda si allaga, quanto ci vorrà per ripartire con la produzione? Quando si verifica un evento sfavorevole, un bravo risk manager sa che non dovrà preoccuparsi solo dei danni diretti (per esempio il costo dei macchinari rovinati) ma anche di quelli indiretti. Già perché se a causa di un allagamento non si può più produrre, si rischia per esempio di perdere quote di mercato e di pregiudicare la sopravvivenza del business.

Una crisi aziendale attraversa tre fasi: “business as usual”, emergenza, recupero (vedi l'immagine sotto).

Bcm1

Non sempre l’evoluzione è positiva: a volte l’evento lascia l’impresa nelle condizioni di rendere impossibile il proseguimento della propria attività. Ecco perché la capacità dell’impresa di tornare il prima possibile al “business as usual”, è una variabile importante. L’ultima parte di questo ciclo di EOSditoriali dedicati al IV modulo (il rischio di impresa) del percorso I Casi della Vita vi vuole così parlare delle procedure che gli esperti di risk management hanno predisposto per gestire al meglio questa situazione: il “Business continuity management (Bcm)”, che tradotto in Italiano indica la “gestione della continuità operativa”.

Perché è rilevante? Da un lato vi permette di avere una serie di strumenti per gestire la crisi della vostra impresa (che vedremo più avanti nel corso dell’EOSditoriale), dall’altro contribuisce al miglioramento del profilo di rischio dell’azienda presso il mercato finanziario.

TORNARE AL "BUSINESS AS USUAL"

Per partire, ecco una sintetica definizione: obiettivo primario del Bcm è il proseguimento delle attività anche a fronte di condizioni avverse e/o estreme mediante l’introduzione di appropriate strategie di continuità operativa, la definizione di obiettivi e metodi per il ripristino delle attività interrotte.

Nella pratica il Bcm comprende tre parti:

  1. la Business Impact Analysis: l’analisi e la valutazione degli scenari di rischio che potrebbero manifestarsi e il loro impatto sull’attività. Si tratta di una fase riconducibile a quella di identificazione del rischio che già vi era stata presentata nell’EOSditoriale “Vita da risk manager” che consiste nella valutazione delle principali vulnerabilità d’impresa e nella quantificazione dei relativi scenari di potenziale impatto. Questa attività consente di definire le azioni correttive più opportune per eliminare (se possibile) o ridurre i rischi.
  2. Il Business Continuity Plan (o Piano di continuità del business): assembla diversi Piani operativi presenti in azienda (Piano di Emergenza, Disaster recovery plan, Crisis communication plan), con lo scopo di limitare a un livello accettabile per l’impresa i tempi interruzione della continuità operativa, evitando o riducendo anche il rischio di perdite di quote di mercato dopo una discontinuità operativa.
  3. Il Disaster Recovery Plan: è un documento nel quale sono descritte in modo dettagliato procedure e schemi di azione da attivare immediatamente al manifestarsi di una crisi, con l’obiettivo di limitare al minimo i danni diretti, i danni indiretti, i danni consequenziali, per rirendere le attività strategiche aziendali nel minor tempo possibile.

IL DISASTER RECOVERY PLAN

Le tipologie di conseguenze di eventi sfavorevoli che sono tipicamente analizzate in un Disaster recovery plan sono diverse: i danni da fuoco (rischio incendio); danni da acqua (rischio esondazione, alluvione, ma anche l’acqua da intervento dei vigili del fuoco, in connessione con il rischio incendio); danni da polvere (conseguenza di rischio crolli, guasti macchine); danni da catastrofe naturale (terremoto, uragano, tromba d’aria…); danni da eventi socio-politici; danni da contaminazione ambientale; danni da guasti macchine; danni da indisponibilità di forniture (elettricità, acqua, telefoniche…); la combinazione dei danni elencati sopra.

Se la procedura vi sembra complessa, i benefici del Disaster recovery plan sono evidenti. Permette infatti di ottenere:

  • una migliore protezione degli asset tangibili (quelli materiali come macchinari e capannoni)
  • la minimizzazione del tempo di reazione
  • la limitazione dei danni collaterali e conseguenti
  • la preservazione della salute dei lavoratori
  • la salvaguardia delle relazioni strategiche con clienti, fornitori, partners
  • la reputazione e immagine aziendale (protezione del brand)

Non solo, come anticipato, a livello di rapporto con le assicurazioni, il Disaster recovery plan coinvolge e influenza le attività legate al processo assicurativo di una impresa perché consente una migliore conoscenza del rischio e una diminuzione del rischio per gli assicuratori e i riassicuratori. E in caso di sinistro, permette una diminuzione dei danni diretti e indiretti. Anche in questo caso la Compagnia di Assicurazione entra in gioco potendo assolvere un importante ruolo di partnership nei confronti della impresa per una migliore gestione del rischio. Allora, pronti a tornare al “business as usual”?