25 gennaio 2017

Fare impresa…che impresa!

Chi è l’imprenditore? È chi investe denaro, tempo, energie, reputazione, opportunità, sogni, preoccupazioni. E li investe per mettere in piedi un’attività economica, una sfida che comporta rischi ogni giorno. In ogni decisione. L’imprenditore e i suoi rischi sono al centro del quarto incontro del percorso che state affrontando con il progetto I Casi della Vita, nel quale sarete protagonisti di una simulazione sui rischi di impresa. L’educazione finanziaria, portata avanti dal progetto EOS, è infatti una componente importante dell’educazione all’imprenditorialità (vi ricordate l’EOSditoriale Un patto per i giovani?)

Per arrivare preparati al meglio alla simulazione è necessario innanzitutto comprendere gli elementi che caratterizzano la figura dell’imprenditore e quali sono le sfide che la caratterizzano. Partiamo, quindi dalla definizione che ne dà il Codice civile: per l’art. 2082 l’imprenditore è “chi esercita professionalmente un’attività economica organizzata al fine della produzione o dello scambio di beni o di servizi”. Si capisce subito che “fare impresa” è sinonimo di “assumersi rischi”: avviare, gestire e portare al successo una qualunque attività imprenditoriale comporta rischi legati alla propria carriera, alle finanze e spesso alla propria salute fisica e mentale!

Qual è secondo voi il rischio più evidente? È la perdita del proprio investimento. Che si traduce in perdita di denaro, tempo, energie, reputazione, opportunità, sogni, preoccupazioni. Se guardiamo al denaro, per esempio, parliamo di rischio finanziario. Per fare impresa dovrete in primo luogo impiegare dei soldi . Non solo. Non è detto che appena avviata, l’impresa, che in questa fase iniziale si chiama start up, sia in grado di assicurare un flusso di cassa all’imprenditore: l’impresa è molto impegnata finanziariamente, deve completare gli investimenti per l’avvio e spesso lo deve fare da sola, senza l’aiuto delle banche che in questa prima fase non le fanno credito.

RISCHI BUONI E CATTIVI

Più in generale, i rischi del fare impresa possono dividersi in “buoni” e “cattivi”: i primi sono chiamati “rischi imprenditoriali” e sono fisiologici, ossia collegati a eventi che possono produrre perdite ma anche guadagni per l’impresa; i secondi sono chiamati “rischi puri” e sono collegati ad eventi che possono produrre esclusivamente perdite. Provate a fare qualche esempio. Come collochereste un incendio? Tra i rischi imprenditoriali o tra i rischi puri? Certamente è un rischio cattivo perché non può che causare perdite. Se invece cambiano i gusti dei consumatori, allora, questo è un rischio imprenditoriale: il cambiamento potrebbe andare contro ma anche a favore dei prodotti della vostra azienda, generando quindi una perdita o un guadagno.

Tuttavia, i rischi imprenditoriali sono l’essenza del fare impresa (ricordate, “fare impresa” è sinonimo di “assumersi rischi”!). E quindi non sono assicurabili! Sono proprio questi rischi che rendono potenzialmente conveniente intraprendere un’attività d’impresa… chi è più bravo a gestirli avrà infatti la possibilità di conquistare il successo e il profitto. Possiamo individuare tre tipologie di rischi. Ci sono i rischi finanziari, la cui fonte di aleatorietà è l’incertezza dei prezzi sui mercati finanziari e che sono per esempio la struttura finanziaria, gli investimenti per lo sviluppo e per il lancio di prodotti. La seconda tipologia sono i rischi industriali, la cui fonte di aleatorietà deriva dall’andamento di tutte le variabili rilevanti dell’attività produttiva, commerciale e amministrativa dell’impresa, come per esempio l’evoluzione delle tecnologie e la capacità di produrre a costi competitivi. Infine, i rischi strategici, che dipendono variabili legate a fattori come i gusti dei consumatori e la regolamentazione.

Questi rischi possono fisiologicamente decretare l’insuccesso dell’attività imprenditoriale. Molti sono gli esempi celebri. Nel caso delle nuove tecnologie, si pensi all’errore fatto da Polaroid e Kodak negli anni ‘80 di trascurare l’avvento della fotografia digitale, causando così il proprio fallimento. Oppure, nel caso delle dinamiche competitive, all’avvento dei film su internet che ha reso obsoleti i Blockbuster (ve li ricordate?), una rete con punti vendita in 25 Paesi, 60 milioni di soci e 4800 negozi solo negli Stati Uniti. Questi eventi in quale zona della matrice frequenza/gravità ricadono?

Poi però ci sono i rischi puri. Al contrario dei primi, questi sono solo cattivi, di solito sono eventi di natura dolosa o accidentale (un incendio, un infortunio, un furto…) e per questo vanno controllati e arginati. Sono pertanto assicurabili, secondo tre tipologie: i rischi di beni, i rischi di responsabilità e i rischi di persone. Nel primo caso l’obiettivo dell’assicurazione è tutelare i fattori materiali che permettono la produzione dell’impresa; nel secondo l’obiettivo è metterci al riparo dei possibili danni causati a terzi da parte dell’attività di impresa (responsabilità civile dell’azienda) come per esempio uno sbaglio dei dipendenti o un danno procurato da un prodotto difettato; nel terzo caso si vuole tutelare e proteggere la forza lavoro, nel caso capitino infortuni, malattia o morte. Come fa un’impresa a gestire tutti questi rischi? Seguite i futuri EOSditoriali per la risposta!