31 dicembre 2018

Life Derris: un modello virtuoso per la prevenzione dei rischi climatici

La frequenza e l’intensità dei rischi legati ai cambiamenti climatici aumenteranno. Ma in Italia la maggior parte degli imprenditori non ha consapevolezza sull’attualità della problematica per la propria azienda. Ecco perché il progetto europeo Life Derris, che in Italia ha come capofila Unipol Gruppo insieme ai partner Città di Torino, Cineas, Anci, Coordinamento Agende 21 e UnipolSai, ha messo in campo un innovativo modello di partenariato pubblico-privato per promuovere la cultura della prevenzione sui rischi climatici (leggi anche l'approfondimento "Il clima è cambiato"). Marjorie Breyton, responsabile del progetto per Unipol Gruppo, ci racconta obiettivi e riflessioni dell’esperienza.

Mi può spiegare in parole semplici in cosa consiste il progetto Life Derris?

Il progetto è partito da alcune premesse sul rischio climatico dell’Italia e sulla sua scarsa cultura del rischio. Sappiamo infatti che l’Italia è uno dei Paesi in Europa più vulnerabile ai cambiamenti climatici e che le piccole e medie imprese (Pmi) sono fortemente colpite da questi fenomeni, mentre non esistono strumenti adeguati per permettere alle Pmi la valutazione e la prevenzione di questi rischi. Allo stesso tempo, in Italia c'è una scarsa cultura del rischio e una scarsa consapevolezza degli impatti dei cambiamenti climatici sul business. Una ricerca condotta a livello globale ha indicato che il 37% degli imprenditori italiani ritiene che non subirà impatti sull’attività derivanti dai cambiamenti climatici. Una percentuale tra le più alte tra i Paesi coinvolti.

Perché un’assicurazione prende parte a un progetto di questo tipo?

L’iniziativa è stata avviata dalla Commissione europea, la quale, nella sua strategia per l’adattamento ai cambiamenti climatici, ha sottolineato come sia importante che i diversi soggetti sociali ed economici, quindi imprese e istituzioni, collaborino insieme per affrontare la lotta cambiamenti climatici. Tra questi soggetti, c’è anche il mondo assicurativo. Spesso si pensa all’assicurazione solo in relazione al suo ruolo più tradizionale di trasferimento del rischio, in particolare attraverso l'offerta di prodotti assicurativi (risk carrier role), per affrontare cambiamenti climatici. In realtà le assicurazioni possono fare molto di più e favorire anche una maggiore prevenzione rischi. Il progetto ha tre obiettivi principali: 1) testare una modalità innovativa di partenariato tra assicurazioni ed enti pubblici, un modello ancora poco diffuso; 2) trasferire le conoscenze su prevenzione e gestione dei rischi alla pubblica amministrazione e alle aziende; 3) costruire strumenti di valutazione dei rischi climatici adeguati per le aziende.

Cosa si intende per quest’ultimo obiettivo?

Gli strumenti che esistono per l’individuazione dei rischi climatici si rivolgono per la maggior parte alle grandi imprese, non alla Pmi. Così abbiamo mappato e rielaborato dati che sono pubblici ma non facilmente interpretabili per un’azienda, come per esempio il rischio alluvioni, e abbiamo tradotto tutte queste informazioni in uno strumento univoco accessibile alle Pmi.

Come mai i rischi climatici sono tra i rischi più sottovalutati?

In primo luogo abbiamo riscontrato una scarsa consapevolezza. Tant’è che abbiamo fatto fatica a coinvolgere le Pmi nonostante si tratti di un progetto gratuito. Le aziende di minori dimensioni fanno fatica a trovare risorse, intese proprio come ore-uomo, da dedicare a temi che non sono priorità assolute. Tuttavia, abbiamo voluto dimostrare come spesso non si tratti di interventi con costi elevati, piuttosto di integrare quello che già fanno le aziende per esempio attraverso i piani di gestione dei rischi esistenti. Riteniamo che questa consapevolezza crescerà in futuro soprattutto per le Pmi appartenenti alla catena di fornitura di grandi aziende internazionali che stanno chiedendo loro sempre più spesso di fare valutazioni dei rischi. Voglio ricordare che oltre ai costi dei danni diretti su attrezzature e merci ci sono i costi dei danni indiretti legati allo stop temporaneo dell’attività. In secondo luogo, si aggiunge il fatto che i cambiamenti climatici sono percepiti come qualcosa di lungo termine. In realtà è importante sensibilizzare gli imprenditori su rischi di cui non sono a conoscenza perché frequenza e intensità aumenteranno.

Che cosa deve saper fare un buon imprenditore in tema di rischi climatici?

Deve essere consapevole dei pericoli a cui è esposto per essere in grado di pianificare bene gli accorgimenti necessari per ridurre la vulnerabilità, come i piccoli interventi di manutenzione che permettono di ridurre i danni, e pianificare il modo con cui gestire questi fenomeni. Non ultimo, è importante informare e formare chi lavora in azienda.

Quali sono le prime considerazioni e il primo bilancio sul progetto?

Il progetto è durato tre anni ma stiamo continuando a lavorarci. Da questa esperienza sono emerse tre riflessioni principali. La prima riguarda la necessità di continuare nella diffusione della cultura del rischio in Italia. La seconda, l’importanza del partenariato pubblico-privato: con Torino, la città pilota del progetto, c’è stata un’ottima collaborazione con una grande diversità di soggetti a livello locale che ha dimostrato come anche il pubblico abbia un ruolo fondamentale da svolgere. Sulla base del feedback delle aziende e dell’analisi fatta, la città ha potuto fare un piano di adattamento del distretto, ossia di interventi locali sinergici a quelli delle aziende. Questa sinergia aumenta la resilienza del territorio per tutti. Infine, bisogna far fronte alla difficoltà di coinvolgimento delle Pmi, rivolgendosi trasversalmente ai territori con tutti i soggetti coinvolti come le associazioni di categoria, le Università, i centri di ricerca e le associazioni.