28 settembre 2018

Non c'è solo un tipo di impresa

Le società di mutuo soccorso sono le antesignane delle assicurazioni moderne. Ma in che contesto si inseriscono e cosa hanno rappresentato a livello socio-culturale? EOS ha incontrato il professore Carlo Borzaga, docente di Economia all’Università di Trento, che ne ha messo in luce il valore storico ma ha anche sottolineato l’attuale fermento che è rinato attorno al principio della mutualità. Lanciando un messaggio importante per il futuro dei giovani.

Quando e dove nascono le società di mutuo soccorso ?

Le date sono un po’ diverse a seconda dei Paesi, possiamo dire che sono un fenomeno che nasce all’inizio dell’ 800 e si rafforza progressivamente nel corso del secolo in tutta Europa e che si diffonde sulla scorta di personaggi che viaggiano tra i vari Paesi esportandone il modello e le sue varie declinazioni. In Italia le prime sorgono nelle aree industriali di Torino, in Inghilterra si creano forme mutualistiche per raccogliere il risparmio per la costruzione delle case. Il fenomeno caratterizza il periodo della rivoluzione industriale, e si è manifestato in contemporanea con la nascita delle società cooperative. La mutua è infatti in sostanza una cooperativa di servizi assicurativi: un gruppo di persone si mette insieme per tutelarsi e di istituire un fondo comune a cui si apportano risorse su base mensile o annuale. È interessante ricordare come ancora oggi ci siano Casse in Veneto – le casse Peote - dove la raccolta dei fondi viene fatta al bar: una parte della consumazione va nella Cassa per poter poi erogare con tali fondi aiuti a chi si ammala o garantire un reddito di sostegno a chi si trova in condizioni di bisogno dopo la perdita di un familiare.

Perché nascono e cosa rappresentano a livello storico e sociale?

Nascono come forma alternativa a quelle che allora erano le uniche forme di sostegno: le Opere pie create da istituti religiosi o le Misericordie, che però rappresentano una forma organizzativa diversa perché i soci o coloro che vi operavano erogavano servizi alla popolazione su base di volontariato, generalmente a titolo gratuito ma senza che chi era nel bisogno avesse diritto al sostegno come invece avveniva per chi era socio di una mutua . Rappresentano la presa di consapevolezza della classe operaia e della classe contadina della possibilità di auto-organizzare una risposta a determinati bisogni, di essere gruppo, di avere le stesse esigenze, di essere insomma una classe. E vanno lette insieme allo sviluppo delle forme di cooperazione nate per soddisfare altri bisogni, come anche le cooperative di consumo. Spesso alle mutue di soccorso vengono infatti affiancate le cooperative di consumo. Nello stesso humus socio culturale sono nate anche le casse rurali, che non sono state create per raccogliere risparmio, ma per riuscire a portare denaro e prestiti ai contadini dall’esterno delle comunità. Si ricordi che nascono tutte con la responsabilità illimitata: i contadini mettono tutti i loro averi nel patrimonio della banca a garanzia dei prestiti ottenuti.

Rappresentano le antenate delle assicurazioni private?

Sì se si guarda ai servizi erogati, no se si prende in considerazione l’obiettivo perseguito che nelle assicurazioni private è il profitto. E’ anche bene ricordare che le prime forme di assicurazione di tipo capitalistico, in particolare le prime compagnie assicuratrici sulla vita sono tutte fallite perché le persone che sceglievano di assicurarsi erano solo quelle che arano in condizioni di salute precarie. E questo perché le assicurazioni – in presenza di quella che gli economisti chiamo “asimmetria informativa”al momento della stipula del contratto di assicurazione non erano in grado di individuare le reali condizioni di salute. Le attezzature oggi usate in sanità per lo screening sono state sviluppate negli Stati Uniti anche per questa ragione.

Cosa è successo dopo?

Le mutue assicuratrici hanno un problema che è legato alla legge dei grandi numeri: in sanità maggiore è il numero degli assicurati minore è il rischio che si corre perché assicurando tutta o molta parte di una popolazione si assicurano anche persone che per molto tempo non avranno bisogno di nessun servizio ma pagheranno lo stesso. Se si ha invece un numero ristretto di persone che in qualche modo si è auto-selezionato, si rischia di più. Allo stesso tempo, se la popolazione assicurata è molto diversificata è possibile tenere basse le aliquote. Se al contrario si è costretti ad alzare le aliquote perché aumenta la popolazione a rischio di malattia o morte, tenderanno ad assicurarsi solo le persona a più alto rischio e questo fa aumentare le spese e costringe ad aumentare nuovamente le tariffe, scoraggiando ulteriormente le persone a basso rischio a diventare socie, con le conseguenti carenze di liquidità. E se una mutua – così come una assicurazione – non dispone del denaro liquido sufficiente a coprire le spesse assicurate finisce per fallire. Le mutue diventano così l’elemento fondativo del sistema di welfare pubblici che non fanno altro che copiare il sistema mutualistico, ma estendendo la partecipazione a tutte le persone o, a seconda dei Paesi, a una parte consistente di queste. In Italia il Sistema sanitario nazionale funziona sulla base del modello delle mutue: fino al 1978, quando sono state sostitute dall’attuale sistema Sanitario la copertura sanitaria è stata garantita da un sistema di mutue regolate e sostenute dallo Stato. Al contrario in Germania e in Francia, seppur con declinazioni diverse, il sistema nazionale ha mantenuto in vita e operative le mutue. In Germania ad esempio sono le mutue a gestire l’assicurazione obbligatoria contro la non autisufficienza

C’è differenza tra mutue e società di mutuo di soccorso?

Sono due cose diverse. Le società di mutuo di soccorso operavano come ho detto prima, attraverso un accordo tra un gruppo di persone che versavano una certa cifra annuale o mensile fissa. Le mutue sono oggi società assicurative su base cooperativa, in cui il cliente diventa socio acquistando uno o più prodotti assicurativi ma conta generalmente poco nella gestione concreta della società.

Stanno tornando le società di mutuo soccorso?

Sì stanno diffondendo iniziative basate sullo stesso principio delle mutue, ma con forme organizzative diverse: come i fondi sanitari integrativi che stanno comparendo in tutti i contratti di categoria, finanziati in parte dal datore di lavoro e in parte dal lavoratore per garantirsi certi servizi sanitari. Tutto questo a fronte della presa d’atto del ritiro progressivo della sanità pubblica rispetto ad alcune prestazioni. Così anche le società di mutuo soccorso che erano rimaste in vita, come la Cesare Pozzo, stanno riprendendo fiato, ce ne sono di nuove che stanno nascendo, ce ne sono anche alcune offerte da compagnie assicurative sotto forma di mutua invece di un prodotto. Stanno tornando a essere attuali, ma si basano su relazioni fiduciarie e quindi non è semplicissimo riuscire ad affermare il modello. Inoltre, permane il limite di cui abbiamo parlato prima, fanno difficoltà a sfruttare la legge dei grandi numeri.

Cosa indica a livello sociale questo ritorno?

La voglia della gente di riprendersi la vita. Come Euricse abbiamo fatto e stiamo facendo alcune indagini, tra cui una per Commissione europea sulla diffusione di forme cooperative e mutualistiche che offrono servizi sanitari e sociali e stiamo scoprendo, che si tratta di un fenomeno di grande fermento in tutta Europa. Un fenomeno che prenderà ancora più consistenza nei prossimi anni di fronte al ritiro del sistema pubblico di welfare e a un sistema assicurativo privato spesso molto costoso. Tutte queste forme hanno lo stesso principio alla base: io con altri decido che mi serve una cosa e insieme decidiamo come fare a garantirci quella cosa. Esattamente come qualsiasi altra impresa, solo che il principio che mette insieme i soci è quello della cooperazione, del decidere insieme. Poi tutto questo può diventare una cooperativa, mantenere la forma associativa, può rimanere solo un sistema di governance, può assumere la forma di impresa privata sociale.

Quali messaggi trasmettere ai giovani su queste esperienze?

Il messaggio è che i giovani non si facciano prendere dall’idea diffusa che ci sia un solo tipo di impresa, in particolare in questo settore, e che non credano che le mutue e le cooperative siano un residuo del passato. Devono tener presente che nel loro futuro ci sarà molta più varietà di forme di impresa e questo sarà anche il modo per salvare il capitalismo. Non si facciano prendere dagli slogan ma vadano al sodo: avranno più strumenti di noi per gestire il futuro, ma questo comporta anche maggiore responsabilità. Nella mia generazione chi voleva dedicarsi al sociale doveva andare nel pubblico. Oggi un giovane ha una serie di opzioni possibili molto più ampia: molta parte del sociale è garantita da privati, le cooperative sociali sono uno dei settori più grandi che abbiamo in Italia, e durante la crisi hanno aumentato i posti di lavoro. Sono forme private a carattere cooperativo che operano in settori tradizionalmente considerati di competenza della sfera pubblica ma dove ormai il pubblico opera solo – e non sempre – come finanziatore.