05 aprile 2018

A lezione con Giovannini

Quale relazione c’è tra SDGs e BES? Perché è importante misurare il benessere? Come sono stati scelti gli indicatori che sono stati per la prima volta inseriti nel processo di politica economica del Governo? Chi ci aiuta a conoscere meglio questo nuovo modo di intendere l’economia (definito “oltre il Pil”, leggi l’approfondimento “La misura del benessere” e “BES ed SDGs, capiamo meglio”) è Enrico Giovannini, portavoce dell’ASviS e protagonista dell’importante percorso che ha portato l’Italia all’introduzione del BES e poi alla sua inclusione nel Documento di economia e finanza (Def). Giovannini nei suoi precedenti incarichi di chief statistician dell’Ocse e di presidente dell’Istat ha infatti avviato le ricerche sulle misure del progresso e fatto nascere il BES in Italia, e da portavoce dell’ASviS ha fatto parte del Comitato incaricato di selezionare gli indicatori da introdurre nel Def.

Qual è l’importanza degli SDGs e cosa hanno cambiato nel modo di intendere l’economia e le relazioni economiche?

I 17 Obiettivi di sviluppo sostenibile dell'Agenda 2030 (Sustainable Development Goals, SDGs nell’acronimo inglese) rappresentano il tentativo più importante compiuto finora nella costruzione di un nuovo assetto mondiale, in grado di far fronte alle emergenze in ambito economico, sociale e ambientali. Dettagliati in 169 Target puntuali e concreti, gli SDGs ambiscono a disegnare un futuro migliore per questa e per le generazioni a venire. Si tratta di un percorso obbligato che dobbiamo affrontare come Paese, come Unione europea e come mondo globalizzato perché l’attuale modello di sviluppo non è sostenibile, e non solo sul piano ambientale: il consumo eccessivo di risorse naturali nei cicli produttivi, l'aumento delle diseguaglianze, l’automazione di milioni di posti di lavoro, il cambiamento climatico, le discriminazioni di genere, una produzione energetica inquinante, sono solo alcune delle problematiche contenute negli Obiettivi fissati per il 2030. Essendo tutte criticità connesse, che vanno gestite a livello di governance globale, si richiede un impegno concreto da parte dei 192 Paesi, oltre all'Italia, che li hanno sottoscritti con la firma nel 2015 dell'Agenda 2030.

In sintesi, quali i principali punti di forza e debolezza in Italia?

L'Italia resta in una condizione di non sostenibilità economica, sociale e ambientale nonostante alcuni passi in avanti. Secondo gli indicatori compositi elaborati grazie al contributo dei gruppi di lavoro dell'ASviS e gli oltre 150 indicatori pubblicati dall’Istat a dicembre 2017, tra il 2010 e il 2016, l’Italia ha migliorato la propria situazione in sette aree: salute, educazione, uguaglianza di genere, innovazione, modelli sostenibili di produzione e di consumo, lotta al cambiamento climatico, cooperazione internazionale. Di contro, in sei ambiti, ovvero povertà, condizione economica e occupazionale, disuguaglianze, acqua e strutture igienico-sanitarie, condizioni delle città, ecosistema terrestre, il quadro peggiora sensibilmente. Infine, su alimentazione e agricoltura sostenibile, sistema energetico, condizione dei mari e qualità della governance non ci sono state sostanziali variazioni.

L’Istat ha deciso di affiancare la diffusione del Rapporto BES con il rilascio di una nuova batteria di indicatori per il monitoraggio degli SDGs, quale relazione c’è tra BES e SDGs?

BES (cioè il Benessere Equo e Sostenibile) e SDGs hanno moltissimi punti di contatto e concorrono a fornire una base di informazioni di qualità per la misurazione del benessere e dello sviluppo sostenibile. La misurazione del benessere ha acquisito sempre maggiore rilievo a livello mondiale. Nel 2004, quando ero Direttore delle statistiche dell’OCSE contribuii a creare il movimento globale per andare “oltre il PIL”, che poi ha generato moltissime iniziative in tutto il mondo. Oggi è possibile misurare più dimensioni del benessere, anche se il problema di fondo resta quello di orientare le scelte politiche a partire proprio da queste misurazioni. Su questo, in Italia si sono fatti importanti progressi e gli indicatori BES, che realizzammo quando ero alla guida dell’Istat, sono stati finalmente inclusi nel processo di programmazione economica e finanziaria.

Lei ha partecipato anche alla commissione tecnica che ha scelto i 12 indicatori BES da includere nel Documento di Economia e Finanza (Def). Come sono stati scelti e perché è importante questa inclusione?

L'inserimento degli indicatori BES nella programmazione economica pone l’Italia all'avanguardia in questo campo, essendo noi i primi in Ue e nei Paesi del G7 a prefiggerci il compito di seguire e valutare l'andamento del benessere nel triennio in corso e di verificare nei tre anni successivi l'impatto delle politiche programmate di quelle attuate, come richiesto dalla legge. Si può affermare che per la selezione degli indicatori si è in primis tenuto conto della possibilità di disporre di dati aggiornati e proiettabili per un triennio. I 12 indicatori, che vanno dal reddito medio pro capite alla speranza di vita in buona salute alla nascita, dall'abbandono scolastico all'efficienza della giustizia civile, fino alle emissioni di C02 e all'indice di abusivismo edilizio, mostrano come tutti questi aspetti siano interdipendenti e trasversali, con ripercussioni sul benessere collettivo o individuale. Inoltre molti di essi ci danno importanti informazioni sulla distribuzione del benessere.

Il goal 4 si riferisce all’istruzione di qualità. Qui si inserisce anche il progetto EOS. Quali le difficoltà e le sfide in questo ambito?

Il Programme for International Student Assessment (Pisa) dell'Ocse valuta ogni tre anni il livello di istruzione degli adolescenti dei principali Paesi industrializzati. In generale i giovani italiani fino ai 15 anni e quelli dai 20 ai 29 dimostrano una preparazione carente in molte attività di calcolo, lettura e scrittura. Nonostante manchi un'analisi delle performance in tutte le Regioni, l'indagine sottolinea lo squilibrio tra Italia settentrionale e meridionale. A preoccupare maggiormente però è il divario di genere. Se infatti nel mondo si assiste a una progressiva riduzione del gap a sfavore delle ragazze, in Italia questo è addirittura in aumento dal 2006, pesando ovviamente anche sulle future scelte lavorative delle giovani. Inoltre, gli studenti più svantaggiati a livello socio-economico registrano in media i risultati peggiori anche se l’equità del sistema italiano supera la media OCSE. Anche l’Atlante dell’infanzia a rischio di Save the Children delinea un panorama dell’istruzione italiana sconfortante, con una percentuale di quindicenni ripetenti del 27,4% negli istituti con un indice socio-economico-culturale più basso, a fronte del 4% delle scuole con un indice alto.

Gli SDGs hanno inaugurato anche una nuova stagione di coinvolgimento e interazione con la società civile sui temi dello sviluppo sostenibile. Un esempio è il concorso «Youth in Action for Sustainable Development Goals - Edizione 2018». Quale l’obiettivo e il valore di questa iniziativa rivolta ai giovani?

L'obiettivo di questa seconda edizione del concorso promosso da Fondazione Italiana Accenture, Fondazione Eni Enrico Mattei e Fondazione Giangiacomo Feltrinelli è di individuare, attraverso i progetti dei giovani under 30, soluzioni innovative, ad alto impatto sociale, orientate al raggiungimento degli SDGs, in grado di affrontare le principali sfide economiche, sociali e ambientali e che facciano uso delle nuove tecnologie. Affinché i cittadini e i leader di domani abbiano gli strumenti per fronteggiare le emergenze globali, è fondamentale disporre di programmi e attività nel solco dell'”Educazione alla cittadinanza globale”, un percorso formativo lungo tutto l’arco della vita, che vede l'interazione constante tra istituzioni, cittadini, scuola, università, mezzi di informazione, mondo del lavoro e servizi socio-sanitari.